AMBASCIATORE

«Solo percorrendo una strada lunga, tutta a curve, talvolta stretta e ripida si arriva a Montemerano, borgo medioevale dove il tempo sembra essersi fermato», spiega Valeria Piccini. Tra angoli romantici, antiche case in pietra una addossata all’altra e i vicoli ciottolati e in pendenza del centro storico, si intravede l’insegna di Caino posta sopra un piccolo ingresso fatto da una porta in legno e tre scalini in discesa che portano nel regno della famiglia Menichetti.

Quasi una dimensione sospesa, distante, difficile da raggiungere – imperdibili i racconti della chef quando narra della fatica per andare in bus sino a Firenze, dove cura l’altra insegna della quale tiene la consulenza, il Winter Garden by Caino all’interno dell’Hotel St. Regis.

Ma la Piccini è così, spontanea e verace, sanguigna ma gentile. Toscana, anzi maremmana, a tutto tondo, nel senso migliore. Trasferisce questi suoi umori in cucina, due stelle Michelin, profondamente identitaria; com’è stato scritto, rappresenta il “pathos di una civiltà a colpi di mestoli e forchette”.

Nata nel 1958 in una famiglia di golosi, «in cui mia madre e mia nonna avevano l’abitudine di cucinare per il piacere di tutti», è diventata chef per passione, senza essere mai andata a una scuola. Ha fatto degli studi scientifici ed è diplomata in chimica. «Ben presto, però, mamma e nonna mi hanno insegnato l’amore per il bel gesto e per la tavola tradizionale», che ancora oggi conserva nelle sue innovazioni.

Ha iniziato ai fornelli alla fine degli anni 70 nel ristorante di famiglia a Montemerano, senza alcuna ulteriore esperienza: «Mia suocera Angela – che aprì il locale nel 1971 insieme al marito Carisio, detto Caino, ndr – fu di grande aiuto e nel 1987 mi lasciò il controllo della cucina». Il marito, Maurizio Menichetti, sposato quando lei aveva 20 anni, si occupa del servizio, dell’accoglienza e dei vini. «Il mio stile è semplice, che non vuol dire non creativo». Piatti pieni di sapori e di equilibrio, vicini al “giusto gusto”. L’hanno definita “chef neorurale”.