I disabili psichici entrano in cucina con Lakkitu
Cesare Battisti racconta la sua esperienza da docente nel progetto di Anmil

Progetto Lakkitu
Lakkitu è una parola finlandese: il suo significato è cucchiaio ovvero «l’unica tra le posate che non può far male, quella che raccoglie e accoglie», spiega Cristian Clemente dell’Agenzia pilota di mediazione sociale Anmil – Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi sul lavoro – onlus. È questo è il motivo per cui “Lakkitu” è il nome scelto da Anmil, che usa spesso il finlandese («Una lingua allegra ideale per i nostri più delicati progetti»), per dare il titolo al percorso di orientamento e formazione mirato nell’ambito della ristorazione riservato ai disabili psichici . Nell’ambito di Lakkitu gli allievi hanno imparato le basi del mestiere di aiuto cuoco e addetto alla sala acquisendo competenze spendibili sul mercato del lavoro anche perché, in virtù del Jobs Act e in seguito al decreto Milleproroghe 2017, oggi anche gli operatori della ristorazione con oltre 15 dipendenti hanno l’obbligo di assumere un lavoratore con disabilità, pena una sanzione di 153,20 € al giorno. Al corso base tenuto dalla psicologa-chef Maria Elena San Gregorio sono state aggiunte delle “lezioni speciali” tenute da professionisti. Tra questi anche l’Ambasciatore del Gusto Cesare Battisti.

Maria Elena San Gregorio, psicologa-chef, Cesare Battisti e Claudio Messori, Delegato per l'agenzia regionale del lavoro
«È stata un’esperienza interessante e, nello stesso tempo, emozionante», ha ammesso Battisti che agli undici corsisti della classe, di età compresa tra i 20 e i 45 anni, ha parlato di “specialità milanesi” mettendo al centro della lezione risotto, mondeghili, cotoletta. Ma non solo. «Ho sposato il progetto cercando di coinvolgere i corsisti chiacchierando con loro del lavoro del cuoco, di cosa accade in un ristorante e di qual è l’impegno richiesto per operare in una cucina professionale. Naturalmente facendo i dovuti distinguo perché le disabilità sono tutte diverse», sottolinea Battisti. «Ho cercato anche di parlare loro dei possibili futuri sbocchi professionali che variano a seconda delle loro disabilità perché può esserci chi non può sostenere lo stress di un servizio ma, ad esempio, potrebbe essere perfetto per il mondo delle preparazioni o per il lavoro nelle mense». Un altro aggettivo adatto alla partecipazione di Cesare Battisti al progetto è «gratificazione» che è stata a doppio binario. Se da una parte i ragazzi sono stati gratificati dall’essere riusciti a ottenere risultati concreti dal loro impegno, dall’altra la gratificazione è stata anche di Battisti. «Con dispiacere dico che progetti fatti così bene ce ne sono troppo pochi a fronte delle molte persone con disabilità che hanno difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro. Mi piacerebbe – sottolinea – riuscire a coinvolgere anche altri miei colleghi in attività di questo tipo»
Mariella Caruso