C’è un legame molto profondo tra Allegrini e la Valpolicella Classica, territorio a vocazione vitivinicola nel quale la famiglia di viticoltori ha cominciato a operare poco meno di due secoli fa e dove, ancora oggi, ha il suo quartier generale. «La storia della famiglia Allegrini è documentata a partire dal XVI secolo. Dal 1854 la famiglia si dedica alla produzione del vino ed è impegnata in prima linea nella valorizzazione e promozione della Valpolicella, a sostegno della cultura e dell’identità di questo territorio unico. Naturalmente è un onore per tutti noi, componenti della famiglia, custodire le terre che abbiamo ricevuto e preservarne la bellezza», ammette Caterina Mastella Allegrini, responsabile marketing dell’azienda che distribuisce vini in tutto il mondo, nonché appartenente alla settima generazione.

Qual è stato il ruolo di suo nonno Giovanni nel rilancio aziendale e nell’espansione internazionale di Allegrini?

«L’azienda ha vissuto una profonda trasformazione a partire dagli anni Sessanta con mio nonno Giovanni Allegrini. Riconosciuto come uno dei maggiori artefici della rinascita della Valpolicella, ha perfezionato l’arte della vinificazione, agendo con rigore nella selezione delle uve e introducendo alcune importanti innovazioni in ambito viticolo ed enologico. L’obiettivo è stato quello di spostare l’attenzione prima che sulla quantità, sulla qualità vitivinicola.  L’eredità aziendale è poi passata nelle mani di mia madre Marilisa e dei miei zii Walter (scomparso nel 2003) e Franco, che hanno saputo raccogliere, sviluppare e comunicare le intuizioni di nonno Giovanni, portando il nome di Allegrini e della Valpolicella nel mondo».

Nel tempo al brand Allegrini avete affiancato Corte Giara, Poggio al Tesoro e San Polo spingendovi anche in Toscana. A oggi quante tipologie di vino producete?

«Dalla Valpolicella, dove accanto all’Amarone si producono diverse tipologie di vino (dal Valpolicella al dolce Recioto, oltre a cru di successo come La Poja – Corvina in purezza -, La Grola e Palazzo della Torre), abbiamo spinto lo sguardo in Toscana, a Bolgheri, dove mio zio Walter e mia madre hanno acquistato un terreno nel 2001 dando vita alla tenuta Poggio al Tesoro. Qui coltiviamo vitigni internazionali e produciamo vini di taglio bordolese, ma anche un Vermentino molto apprezzato che si chiama Solosole, e il rosato Cassiopea. Dedicato a Walter, un Cabernet Franc in purezza, è il fiore all’occhiello dell’azienda e non a caso porta il nome di mio zio. A Montalcino, nella tenuta San Polo, ci dedichiamo ovviamente al Brunello, al Brunello Riserva e tra poco presenteremo un cru che si chiamerà Podernovi, dal nome della località e del vigneto migliore. Corte Giara dà, infine, spazio al patrimonio enologico del Veneto e alle varietà internazionali, in accordo con viticoltori veneti di fiducia, che accompagniamo in ogni fase del processo produttivo».

C’è una produzione e un vino alla quale siete particolarmente affezionati? E, se sì, perché?

«È molto difficile scegliere un prodotto rispetto ad altri perché ciascun vino racconta un particolare momento della nostra storia aziendale e familiare. Se dovessi scegliere, però, direi La Grola. La ragione di questa mia scelta si basa principalmente su due motivazioni diverse. Da un lato, infatti, La Grola è un vino cui tutta la mia famiglia tiene in particolar modo perché il vigneto che utilizziamo per la produzione è stato acquistato da mio nonno Giovanni alla fine degli anni ’70 quando la Valpolicella non era ancora riconosciuta globalmente come zona vocata per la qualità dei suoi prodotti. Dall’altro, proprio perché riteniamo che questo vino sia parte del testamento del nonno, con l’intenzione di valorizzarlo al meglio abbiamo sviluppato il progetto degli artisti per La Grola di cui mi occupo personalmente. Ogni anno, infatti, la nostra famiglia decide di affidare a un’artista il compito di creare un’opera che, in un’edizione limitata, rende unica La Grola. Per quella che è stata la mia formazione, è davvero importante riuscire a unire il mondo dell’arte al mondo vino e io sono felice di occuparmi di ogni aspetto di questo progetto e di vederne i progressi. La scelta dell’artista, il dialogo con l’artista e la galleria (se coinvolta), la realizzazione dell’opera, la produzione del materiale collegato all’opera possono essere a volte passaggi delicati e a tratti complessi ma, una volta terminato il lavoro e presentata la Limited Edition, il risultato finale ripaga me e le persone che con me collaborano di ogni sforzo».

Una delle vostre caratteristiche aziendali è la produzione con uve da vigneti di proprietà, alcuni con conduzione biologica. Una scelta di campo che coinvolgerà altre vostre produzioni?

«Allegrini sta effettuando un percorso che va addirittura “oltre” il biologico. Lo scorso anno ha ottenuto la certificazione “Biodiversity Friend”, con cui l’azienda si conferma “custode” della biodiversità e dunque della ricchezza del territorio. Grazie a una viticoltura a minimo impatto ambientale, si rende infatti il vigneto non solo un luogo di produzione di uva sana, ma si difende anche il prezioso habitat naturale, arricchendolo di specie animali e vegetali, differenti dalla vite e utili alla salubrità del luogo. A Poggio al Tesoro stiamo adottando una via bioetica, anche in questo caso rispettosa della pianta, del territorio e quindi del prodotto finale. San Polo ha ricevuto invece nel 2017 la certificazione bio, oltre ad essere una delle prime cantine CasaClima Wine».

Esiste anche un premio Allegrini, «L’arte di mostrare l’arte». Come e perché è nato?

«Allegrini ha cercato in questi anni di caratterizzarsi accompagnando le istituzioni culturali italiane ed internazionali. In questo senso va letto l’intrecciarsi delle relazioni con l’Ermitage di San Pietroburgo, la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia e con numerosi intellettuali. Sempre in questo contesto s’inquadra la creazione del premio “L’Arte di mostrare l’Arte”, un riconoscimento a chi per visione, ricerca, originalità e chiarezza espositiva ha saputo proporre una mostra da ricordare».

Avete trasformato il vino anche in «esperienza» con la visita alle cantine e l’ospitalità nella storica Villa Della Torre che è anche un centro di cultura. Cosa devono aspettarsi i semplici visitatori e i vostri ospiti?

«L’azienda accoglie i suoi ospiti a Villa Della Torre Allegrini, gioiello del Rinascimento italiano, opera di Giulio Romano, a Fumane di Valpolicella. La Villa è la rappresentazione di un percorso spirituale e conoscitivo, che parte dagli Inferi e sale al Paradiso, in un susseguirsi di simboli legati alla cultura religiosa e profana. In questo suggestivo complesso sorge il Wine & Art Relais Villa Della Torre. Le dieci Luxury Rooms godono di scorci straordinari sui giardini e sul peristilio centrale. Coronano l’offerta le degustazioni dei vini Allegrini, assieme ai prodotti del territorio curati dai nostri chef, corsi di cucina, tour guidati, passeggiate ecologiche nel vigneto ed eventi culturali».

Mariella Caruso